Addio Carlo Pistacchi

Dlin Dlon… suono al citofono e sento: “Rastapax arrivo… “Ehi Carlo dai che andiamo è tardi”. Lui entra in macchina, tenendosi il cappello con la mano, d’altronde il tettuccio della macchina è basso… e arriviamo al concerto dei Wailers, lui è subito lì in prima fila, come al solito, poi chiudeva gli occhi e…“Po Po Po Po Po Po” urlava, in un’estasi che solo lui poteva descrivere e vivere...

Per molti era l’uomo col cappello, per altri era il personaggio che sempre c’era nei concerti importanti… Era Carlo, Carlo Pistacchi. Cosa curiosa era il suo cognome, “Pistacchi”. Tanti pensavano ad un soprannome visto che faceva il gelataio e invece era proprio il suo cognome. Vedendolo così, a ballare e inebriato dalle reggae vibes molti sicuramente non coglievano l’essenza, la storia e l’importanza di quella figura elegante ma che allo stesso tempo trasudava coerenza e conoscenza. Eh si. Era il più grande collezionista di dischi reggae della nostra penisola. Un uomo dalla cultura musicale estrema, gentile, disponibile e aveva sempre una parola per tutti. Una persona che sotto le righe ha segnato la storia del reggae in italia. Era legato a tutti, si faceva volere bene tra i collezionisti ed appassionati il cui ricordo rimane molto forte.

“Ci conoscemmo a Roma, romani entrambi, presso la sede ufficiale della neonata, al tempo, società di distribuzione musicale “Good Stuff” in Via Merulana. Era tra il 1985-1986”, ricorda Fabrizio Laganà, altro veterano, collezionista e cultore della musica reggae. “Appena trascorso qualche ora insieme, Carlo acquistò qualche album e discomix appena arrivati. All’uscita andammo al bar per continuare l’iniziale chiacchierata e da qui partirono subito i suoi racconti giamaicani e londinesi. Mi raccontò come iniziò a conoscere il reggae; per lui fu nel 1975 con l’album di Bob Marley Catch A Fire. Negli anni arrivò a collezionare quasi 30.000 dischi, dal reggae al rock, collezioni complete, prime stampe con un’attenzione particolare (oltre al reggae) alla World Music e musica etnica cui tanto piaceva. “Al tempo” continua Laganà, “si era costituito un mini circuito di collezionisti di concerti rari di tantissimi artisti, quindi insieme a Francesco Mancini (altro importante collezionista) e Carlo formavamo un trio di riferimento, poi grazie al contatto con Roger Stephens per le rarità di Bob Marley il cerchio si allargò a dismisura per le rarità che ne derivarono”.

Carlo nel frattempo si trasferì a Venezia e riuscì a dare vita alla sua piccola ma importantissima realtà, la gelateria Alaska... Si... “A-la-ska” perché il suo nome originario fu questo, dove potevi ascoltare i suoi dischi nel retro negozio dove aveva montato un mini sound system. ”Lui non aveva cellulari” continua Laganà “ed era reticente a internet e social e aveva solo telefoni fissi. Ho avuto l’unica occasione di mettere su dischi con lui, dopo tanti anni, il 7 dicembre del 2001 quando venne a suonare a Roma al Villaggio Globale per supportare la nostra causa “Sos Jamaica” insieme a Lampa Dread. Fu una serata a dir poco “stellare” dato che insieme abbiamo fatto sognare e ricordare i gloriosi anni ‘70 con il tipico sound “Roots Militant”.

Parlare di Carlo apre molteplici dimensioni… epoche, idee, pensieri ed emozioni. In molti hanno colto la sua essenza positiva e il suo essere “speciale”. In tanti raggiungevano la gelateria a Venezia o casa sua per condividere emozioni o per scoprire nuovi suoni. Se non ci fosse stato lui molti artisti e gruppi reggae veneziani certe sonorità non potevano ascoltarle e non potevano di conseguenza prenderne ispirazione. Carlo è stato essenziale in questo aspetto musicale.
La casa di Carlo era un vero e proprio museo. Dischi ovunque, Lp, 45 Giri, Cd, Vhs, Demo Tape, Stereo 8, quadri...di tutto. Ricorda Prince David “Quante volte son passato nel tuo regno. Sei stato un iniziatore, un mentore, un amico, e mi permetto di dirti talvolta anche un padre quando ti facevo visita al mattino dopo aver fatto “manca” da scuola, e tu senza retorica mi ricordavi quanto sia importante essere preparati per affrontare la selva del mondo. Ricordo i tuoi racconti nelle hills jamaicane coi Rasta ben prima che il mondo sapesse cosa fosse il reggae, le tue peripezie in giro per l’Europa a recuperare bootlegs, gli Inner Circle che ti giravano per casa e le tue foto in giro per Venezia con Dennis Brown, ma soprattutto ricordo l’amore profondo per questa musica con cui hai nutrito l’anima di tante persone. Sei sempre stato un Rootsman, poco incline alle sonorità moderne, non riuscivi a ritrovare l’anima delle produzioni di un tempo, ed io, anche se figlio di un altra generazione,sotto sotto sapevo che avevi ragione. Ho iniziato un percorso di ricerca di quelle sonorità, sto tentando di tornare indietro per andare avanti nella “mission”. Volevo condividere con te i miei progressi, sapendo di avere dall’altra parte un orecchio e un cuore autorevole ad ascoltare, ma il tempo mi ha fregato, proprio il tempo che pensavo di avere e che spesso dò per scontato… sono molto scosso ma anche molto grato!”.

Jaka dice: “E ora quei gelati buonissimi? Quelle cassette incredibili dei live più incredibili di tutti gli artisti reggae del mondo? Quel feeling speciale che noi pionieri abbiamo tra noi? Quella tua risata gentile e contagiosa? Carlo, mannaggia”. “Raccontava tante storie” continua Jaka, “una di queste era quando visse per un pò nelle Blue Mountains. Nella foresta, Pistacchi ha vissuto davvero. L'anno successivo alla sua scoperta del reggae, trascorse un paio di mesi sulle colline, in Jamaica, insieme ai rasta. Politicamente è sempre stato un anarchico: quella era una forma di anarchia totale. Non il disordine pensato da molti, ma un ordine reale, in cui ognuno rispetta l’altro come sè stesso. Un sovvertimento totale delle cose”. Carlo disse “ Se dovessi definire che cos’è il reggae, direi che è ciò che per i bianchi è stato il rock. Una forma di trasgressione, un venirne fuori. Però molto più spirituale, con una radice di forte rivalsa verso i problemi sociali dei neri, dall’apartheid alla negritudine".

L’amico Cristiano Pastrello, musicista reggae veneziano con un rapporto molto speciale con Carlo, ricorda: “Trentacinque anni, un'amicizia solida, basata su una grande stima reciproca. Abbiamo condiviso momenti indimenticabili che porterò sempre dentro di me. La passione per la musica ci ha fatto incontrare e conoscere tanti anni fa, quando lo vidi per la prima volta nel negozio di dischi di Sgt. Pepper a Mestre e con il suo inconfondibile accento mezzo romano e mezzo veneziano mi chiese: "Ma te piaze el reggae?"...Quante giornate passate insieme, nella sua mitica "Gelateria Alaska" o a casa tua, quante risate, quanti concerti visti insieme, quanta musica condivisa, quante emozioni...La tua presenza in questi lunghi anni è stata per me fondamentale, sei stato il mio mentore (non solo per quanto riguarda la musica), un vero maestro di vita”.

Non manca il pensiero di Puppa Giallo, altro grande amico: “ Mi hai fatto conoscere What a Man Sow di Winston McAnuff, un brano meraviglioso. Eravamo a casa tua, quando mi facevi scegliere i vinili da mettere nelle playlist, che dopo ascoltavo a ripetizione per tutta la settimana seguente, e oltre, tanta era la mia meraviglia nello scoprire nuove sonorità, canzoni, testi, che mi hanno cambiato la vita. Mi davi consigli per migliorare, in ogni campo. Come quella volta che mi hai passato i 45 giri di Studio One per imparare i classici, o quando mi hai fatto decorare le pareti della tua gelateria, un posto speciale, come te, dove potevo incontrare gente di ogni tipo, dal rasta al punk, dal rabbino all'avvocato. La tua curiosità e voglia di conoscere resterà viva in me”.

Personalmente scrivere un articolo riguardante la scomparsa di Carlo non è facile, ricordo quante volte siamo andati a concerti insieme, lui non aveva la macchina e quindi ci mettavamo d’accordo per trovarci. Durante un percorso mi raccontò che una volta Alton Ellis aveva scoperto un disco che fino a qual momento solo lui (Carlo) aveva e nemmeno lo stesso artista ne aveva una copia tanto che tramite accordi lo stesso Alton riuscì a farne una ristampa e mettere in commercio il disco “perduto”. Gli aneddoti si sprecano. Carlo era veramente un grande. Mi dava un sacco di dischi da portare al Rototom di Osoppo da far poi firmare agli artisti. Ricordo che una volta sono arrivato di fronte ai Congos, con il disco mio ed il disco di Carlo…. la mia una ristampa anni ‘90 mentre Carlo mi aveva dato la prima stampa, quella con le strisce laterali dipinte a mano da Lee Perry che era il produttore...stampate in Jamaica in sole 500 copie….quando i Congos videro il disco impazzirono letteralmente e questo avvenne anche con altri artisti ed altrettante prime stampe da firmare nel corso degli anni. Questo era Carlo, una persona che stupiva sia per conoscenza che per carisma e di conseguenza per la sua incontenibile collezione di dischi. Il suo sogno è fare un luogo d’ascolto, una associazione o un museo dove poter godere tutti di questo patrimonio immenso che ha lasciato.
Lui sperava di condividere tutto questo con la gente, passare la sua pensione condividendo tutto ma all’improvviso la situazione è drasticamente cambiata. Quel giorno non si sentiva bene. Sebbene fossero anni che lottava contro un brutto male, lui ha sempre affrontato tutto senza grossi impedimenti, ma quel giorno all’improvviso, a 64 anni... non si è sentito bene.
Portato all’ospedale lo hanno operato d’urgenza e poi il triste epilogo.
Carlo, come Francesco Mancini e altri personaggi legati alla musica in levare in Italia e non solo ci hanno lasciato improvvisamente facendoci rimanere con un vuoto immenso e disarmante da togliere il fiato.

Negli anni ho conosciuto moltissime persone amanti della musica reggae o della Jamaica, collezionisti, musicisti, appassionati, rasta e simpatizzanti; di frasi fatte ne ho sentite molte e di incoerenze ne ho vissute altrettante….ma se si parla di Carlo citando “PEACE” “ONE LOVE” e “RESPECT” sicuramente siamo di fronte alla più genuina delle coerenze.
RASTAPAX