BURNING SPEAR No Destroyer

Quasi 15 anni dopo il suo ultimo album in studio, ecco il ritorno trionfale di Winston Rodney, meglio conosciuto come Burning Spear, con il suo attesissimo capolavoro, “No Destroyer”. Era tangibile il senso di eccitazione tra gli appassionati di reggae. “No Destroyer”, pubblicato dall’etichetta di Spear, Burning Music, era pronto dal 2012 circa. Spear ne aveva parlato per la prima volta nel 2011, dicendo che allora non c’era “nessuna scadenza”. Poi, nel 2022 (e dopo molte speculazioni pubbliche) aveva dichiarato: “Questo album... è stato registrato [e mixato] nel Magic Shop... e masterizzato allo Sterling Sound di New York. Quindi, le persone, soprattutto i miei fan, devono solo avere un po’ di pazienza e riceveranno questo album quando sarà il momento giusto”.


Il momento è chiaramente quello giusto, perché l’attesa è finita. “No Destroyer” è un classico di Spear: orchestrazione riccamente arrangiata, forti performance vocali e testi avvincenti. Questo album è una testimonianza della duratura abilità musicale di Burning Spear e della sua capacità di evolversi rimanendo fedele alle sue radici. “No Destroyer” offre un’accattivante fusione di elementi reggae classici, dub, fiati e influenze contemporanee, dando vita a un viaggio sonoro che risuona profondamente. Le 12 tracce dell’album mettono in mostra la voce caratteristica di Burning Spear, ricca di saggezza ed emozione, mentre la parte strumentale è notevole, a partire dalle melodie soul fino ad arrivare ai groove ritmici che costringono gli ascoltatori a muoversi ed entrare in una sorta di trance musicale. L’apertura dell’album, “The Spear”, è un pezzo di roots sinuoso e funky con la sua caratteristica sezione fiati ondeggiante (la tromba di Greg Glassman, il trombone di Jason Jackson e il sax di Jerry Johnson).


Anche la forte voce di Spear è avvincente. La traccia che dà il nome all’album ha un intricato arrangiamento di percussioni grazie alla batteria di Karl W. Wright, oltre alla narrazione di Spear sul dover mettersi contro gli altri nella vita. Poi, “Independent” riavvolge il ritmo concentrandosi su una piacevole linea di chitarra solista e organo elettrico. L’omaggio di Spear alla sua indipendenza musicale e spirituale è potente. “Jamaica” è un’ode coinvolgente, funky ma meditabonda sulla storia e sulla cultura dell’isola. Il ritmo fluido è guidato dalle tastiere ritmiche di Laurence Lewis e dalle inflessioni dell’ingegneria Dub. Le vibrazioni ottimistiche del brano seguente, “Cure for Cancer”, contraddicono la narrazione dell’incapacità (o della riluttanza) della scienza a risolvere il cancro. I forti cori, la linea di flauto e i versi degli uccelli sono gloriosi. “Obsession” cambia lo slancio di “No Destroyer”, concentrandosi su un arrangiamento più soul, con progressioni di accordi dettagliate e complesse e chitarre funky e organo elettrico. La voce di Spear qui è particolarmente forte – con ritornelli complessi – sull’infatuazione malsana di una persona per qualcuno.


“Mommy” è un’ode commovente all’abbandono dei giovani da parte di Babylon e alla reazione dei genitori, mentre “Open The Gate” mostra la destrezza musicale di Spear: un arrangiamento che attinge al Blues, con le sue chitarre cadenzate e smorzate. “No Fool” è un roots incisivo, con un focus sul dub attraverso la batteria e un riverbero severo, alcune piacevoli percussioni aggiuntive e una stratificazione strumentale minimale con pause appuntite (valorizzando il testo di Spear sulla sua resilienza). Poi, “Negril” riporta il sound di “No Destroyer” a una rudimentale atmosfera roots. “Talk” è guidato dalla chitarra ritmica di Linford “Lenny” Carby mentre si pavoneggia e ondeggia come sfondo alla schietta narrazione vocale di Spear sulle persone che lo sminuiscono. “No Destroyer” si conclude con “They Think”. È un pezzo evocativo simile a una salmodia, con progressioni di accordi senza fronzoli, il basso implacabile di Dave Selim Reichley e la melodia tritonale ben costruita di Spear – insieme a testi di autodeterminazione e forza: una conclusione appropriata. Ogni traccia di “No Destroyer” ha il suo fascino unico, ma si fondono perfettamente, creando un’esperienza di ascolto coesa e coinvolgente.


Dai testi socialmente consapevoli che affrontano questioni globali urgenti ai ganci contagiosi che indugiano nella tua mente molto tempo dopo che la musica si è fermata, il songwriting di Burning Spear rimane più toccante e rilevante che mai. “No Destroyer” è un ritorno trionfale per un’icona del reggae, e consolida lo status di Burning Spear come artista senza tempo che continua a plasmare ed elevare il genere. In conclusione, “No Destroyer” è un album ben prodotto e atteso e all’altezza del suo notevole clamore. Il ritorno di Burning Spear in studio e in tour dall’anno scorso, dopo una pausa, è segnato da una rinnovata energia e da un fuoco creativo che accende ogni traccia.
Che tu sia un fan devoto o un nuovo arrivato alla sua musica, questo album offre uno sguardo accattivante sull’evoluzione della musica reggae, onorando al contempo la sua essenza fondamentale. “No Destroyer” è una testimonianza dell’eredità duratura di Burning Spear e della sua capacità di affascinare il pubblico di tutte le generazioni.
Arianna Petrolati